Le imprese del terzo settore si sono da sempre dimostrate molto adatte al lavoro in carcere nonché alla riabilitazione del detenuto.

I governi dei 193 Stati Membri ONU, nel settembre 2015, hanno concordato un programma per uno sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030, disegnato in diciassette obiettivi che verranno perseguiti congiuntamente dagli Stati, disegnando un piano di azione per “Persone, pianeta e prosperità”.

Tra i vari obiettivi, emerge il numero 16 che mira a promuovere società pacifiche e inclusive per lo sviluppo sostenibile, garantire a tutti
l’accesso alla giustizia e creare istituzioni efficaci, responsabili ed inclusive a tutti i livelli. Il dettato fa riferimento ad un sistema che ispiri alla rieducazione dell’ex detenuto affinchè venga dotato degli strumenti utili per vivere all’interno della società, attraverso la sua piena realizzazione umana, sociale e lavorativa.

Questo è ancora un obiettivo rimasto inattuato ma dobbiamo ricordare che forse il principale cardine del trattamento rieducativo è il
lavoro attraverso tutte le opportunità di reinserimento sociale che lo Stato è in grado di fornire all’ex detenuto.

Sappiamo che il lavoro, attività che risocializza e responsabilizza, agisce ed incide in modo positivo sull’esclusione della recidiva.

Le imprese sociali, in tal senso, possono contribuire in maniera fattiva per la rieducazione del detenuto tramite i processi organizzativi che sono loro propri. Il legislatore ha previsto incentivi per le imprese e cooperative sociali che assumono detenuti per un periodo non inferiore a 30 giorni o che svolgono attività formative nei loro confronti.

Sgravi e agevolazioni, quali strumenti di attrazione, sono stati,ultimamente, rafforzati dal decreto-legge 1° luglio 2013, n. 78, che ha aumentato l’ammontare degli incentivi fiscali all’assunzione di detenuti ed esteso l’ambito di applicazione del credito d’imposta e degli sgravi contributivi.

In questo quadro si è introdotto il d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 124, che ha dato esecuzione alla legge 13 giugno 2017 n. 203 prevedendo significative novità sul lavoro penitenziario. I detenuti hanno l’opportunità – non l’obbligo – di svolgere attività lavorative.

La riforma recepisce le statuizioni della giurisprudenza sul diritto alle ferie, non così scontato e si interviene sulla disciplina della remunerazione, eliminando la mercede e stabilendo quantificazione in misura fissa, (due terzi del trattamento economico dei contratti collettivi). Secondo i dati del Ministero della Giustizia, al 30 giugno 2020, 15.043 detenuti sono impiegati alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria in cucine, lavanderie, pulizia, mentre è più piccolo il numero di chi lavora dentro il carcere per conto di imprese o cooperative.

Resta un ulteriore numero residuo che lavora all’esterno del carcere oltre a 27 soggetti, in semi libertà, che hanno intrapreso
attività lavorativa autonoma.

Rispetto alla durezza del carcere nonché del clima di prostrazione del detenuto, l’impresa sociale è adeguata a rispondere in maniera adeguata e flessibile (Borzaga, Fazzi, 2011; Depedri, 2012).

Tale elasticità nell’organizzazione del lavoro si adatta perfettamente con le rigidità delle burocrazie del carcere anche per quanto concerne la selezione del detenuto lavoratore oppure per quanto riguarda gli orari lavorativi, più flessibili, per venire incontro a quelle esigenze primarie del detenuto come, per esempio, il colloquio con il difensore. Ma non solo: terrei a sottolineare che una delle vocazioni dell’impresa sociale è lavorare affinchè il soggetto possa acquisire non solo capacità lavorative ma anche competenze personali, sociali e di relazione con il prossimo: il detenuto assunto potrà implementare la capacità di relazionarsi in gruppo o con i superiori.

Potrà confrontarsi con l’osservanza di precise regole da seguire il tutto in un’ottica di crescita e valorizzazione della persona umana.

Per concludere, si osserva che ancora oggi c’è una esigua presenza delle imprese sociali nelle carceri italiane e si spera che, in futuro, il Parlamento ed il Governo possano orientarsi verso l’incentivazione e il sostegno del lavoro all’interno delle imprese sociali, a vari livelli.

Per ulteriori informazioni sulle iniziative:

Foro di Bologna – Piazza Garibaldi 8
Castel San Pietro (BO) – 051940327
mail: carlotta.toschi@avvocatocasari.eu

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